Sulle tracce di Stendhal a Castellanza

Una curiosità sulla città di Castellanza 

E’ il 10 giugno del 1799, siamo a Milano. Henri, un giovane sedicenne di belle speranze, tradite sul nascere dalla sua stessa esistenza, nato e cresciuto in una famiglia borghese di Grenoble, sta per muovere il passo decisivo. Ha già visto abbastanza di Parigi, ormai lontana, della sua Francia. Si era avvicinato alla capitale con la ferma intenzione di essere un seduttore, salvo poi essere smentito dalla città, capace di inghiottirlo nel vortice dell’indifferenza. E da inosservato quale fu tra le vie della Ville Lumiere, da inosservato decise di andarsene. “Ero assolutamente ebbro, pazzo di felicità e di gioia. Qui comincia un’epoca di entusiasmo e di felicità perfetta”. Carico di libri, il cui peso sostituì senza qualche impedimento la delusione parigina e la nostalgia delle montagne del Delfinato, e di passione per la letterature, dopo sei ore ripide e scoscese fu finalmente in Italia.

L’amico Martial lo iniziò alla vita mondana milanese. Di cui si innamorò, nonostante il suo modo goffamente elegante di destreggiarsi tra la ricchezza di quei luoghi. Che gli fecero scoprire l’amore fulmineo ed irrefrenabile per Angela, figlia di mercanti di stoffe. La”sublime sibilla, terribile nella sua bellezza folgorante e soprannaturale”, dispotica, capricciosa, istintiva Sanseverina de La Certosa di Parma, il capolavoro, che gli valse il titolo di romanziere accanto a Balzac, Dumàs, Hugo, che firmò con il suo nome d’arte: Stendhal. 

Intraprese, con colpevole ritardo, il “Grande Giro”, per trovare pace nelle città più nascoste, che in qualche modo gli ricordavano il suo essere sconosciuto nella città più conosciuta. Giunse fino a qui, quando ancora Castellanza era immersa nelle campagne spaccate dal corso del fiume Olona. “Un’oasi verde con un limpido fiumicello”, la descrisse Stendhal, o meglio, quel ragazzo giunto da Grenoble che ancora conservava le grandi speranze d’adolescente, prima che l’avvento dell’industria la inghiottisse.