#StorieNeroverdi: Benvenuti a casa

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Novembre 1935, da Colonia Solare lo Stadio Giovanni Provasi si trasforma nella culla dei successi neroverdi

“Aprite le porte! Siamo a casa… “, avrebbero esclamato i nostri pionieri. Li immaginiamo così quando finalmente dinanzi ai loro occhi si spalancarono i cancelli ferruginosi, ricoperti di uno strato di vernice marrone, che dividevano due enormi caseggiati. Un imponente complesso che smussava l’angolo tra via Diaz e via Cadorna, due arterie fondamentali della viabilità castellanzese. Alla loro destra l’abitazione del custode, alla loro sinistra il bar, i servizi e la biglietteria. Alzarono gli occhi, in alto imponente, campeggiava un’insegna: “STADIO”.

 
Gli anni Trenta sono incredibilmente ricchi per la fiorente attività sportiva castellanzese. Gli atleti in Neroverde non si stancano di inanellare successi e la stanza dedicata ai trofei si riempie di una quarantina di coppe, targhe e medaglioni di altissimo valore morale. Un trio di formidabili guida l’ascesa del movimento su due ruote. Il primo dei tre si chiama Alfredo Bovet, ha origine Svizzera, ha tagliato in testa al gruppo i traguardi della Milano-Sanremo nel 1932 e della Tre Valli Varesine nel 1933. Il secondo, il fratellino minore Enrico si è aggiudicato la Milano-Mantova nel 1934. Il terzo, Mario Praderio, è arrivato 29esimo al Giro d’Italia del ‘32. L’Unione Sportiva Castellanzese, che all’epoca comprendeva svariate discipline tra le quali il ciclismo si dimostrava la più firoente, è prima assoluta fra le società Lombarde. 
Se un disegno in tutto questo c’è, allora almeno la prima fetta della nostra storia è profondamente legato al Fratello Sole, che ha scandito fin dall’antichità ogni istante della nostra vita quotidiana: accarezzandoci la mattina al risveglio, facendo capolino la sera per lasciarci riposare. Come un direttore d’orchestra ritma il battere del nostro cuore. C’è chi addirittura sostiene che la luce della madre di tutte le stelle lassù influenzi in qualche modo il nostro umore. Così risulta un po’ meno complicato pensare che un’infinita sezione di studi scientifici, comunemente riconosciuta come elioterapia, si ispiri proprio agli effetti benefici che i raggi solari avrebbero sul corpo umano. Ebbene nel primo trentennio del secolo scorso, il terreno di gioco dove i nostri eroi hanno conquistato numerosi traguardi, quei seggiolini dove ogni domenica il vostro entusiasmo si accende in un’ondata di tifo neroverde, un tempo, non troppo lontano, ospitavano una grande Colonia Solare. Lì dei lunghi bagni di sole offrivano ristoro alle ossa più fragili, ai muscoli più delicati, nutrivano gli organismi più bisognosi, infondendo in loro linfa vitale. 
 
Scalpita, nel frattempo, la passione per il pallone, ma in maniera itinerante. I neroverdi sono in cerca di una casa ed ecco il deus ex-machina, lo chiameremmo così in gergo teatrale. Quel personaggio che irrompe sulla scena per risolvere una trama irrisolvibile. Ad indossare questa maschera è un ingegnere comunale che così scrisse: “I lavori di ultimazione e finitura del fabbricato della Colonia Solare volgono al termine e in ossequio al progetto generale che ebbe la Superiore approvazione si rende necessario dar mano ai lavori per completare l’ingresso oggi rappresentato semplicemente dal cancello di chiusura. […] Si è poi ritenuto di distinguere il progetto in due separati lotti, uno riflettente l’abitazione del custode […] e l’altro il fabbricato simmetrico per servizi, biglietteria e bar”. E’ il 26 novembre del 1935 e presero avvio i lavori di costruzione dell’ingresso dello Stadio Giovanni Provasi di Castellanza. 
 
Rieccoli i nostri pionieri, padri fondatori dei nostri successi. Li immaginiamo di nuovo con il volto rigato da una lieve lacrima di commozione, alla conclusione dei lavori, mentre ammirano sventolare una bandiera, per metà nera e per metà verde, sopra la loro testa: la nostra casa.